
La cipolla rossa si torna a coltivare in Val di Susa: l’impegno del Comune di Novalesa
NOVALESA. Si chiama cipolla rossa di Breme e prende il nome dal paese della Lomellina che ogni anno le dedica anche una sagra che a metà del mese di giugno richiama migliaia di persone. Presto, però, potrebbe chiamarsi anche “cipolla rossa di Novalesa”. In effetti, il Comune di Novalesa, in Val di Susa, ha ripreso da circa tre anni la coltivazione del bulbo in Val Cenischia. Quest’anno, in collaborazione i vivai Beltrame di Moncalieri, si è potuto produrre 14 mila piantine che sono poi state distribuite a 35 agricoltori. Questi saranno i coltivatori che dovranno attenersi a un disciplinare per la tutela della cipolla e per la produzione delle sementi.
Tra i custodi di biodiversità a cui è stato affidato il prezioso compito di coltivare e valorizzare la cipolla rossa nei campi di Novalesa (una clausola del disciplinare prevede infatti che la cipolla venga coltivata nel territorio comunale), c’è anche l’azienda agricola Ametlier di Bussoleno, che con la sua agricoltura praticata in modo tradizionale e sostenibile aderisce a Parchi da Gustare, il progetto nato per valorizzare e preservare il ricco patrimonio di sapori e saperi che rispecchiano la tradizione e l’ambiente da cui provengono.

Le prime notizie riguardanti la “cipolla rossa di Breme” si trovano in una cronaca del 906, quando i monaci della Novalesa giunsero a Breme e, come riportato da un’antica Cronaca, “videro che quel luogo era ubertoso, ameno e fruttifero”, lo elessero a sede della Congregazione, ritenendolo “la migliore di tutte le città costruite nel Contado di Lomellina”. Da allora ben poco è cambiato nelle tecniche di coltivazione e le sementi sono ancora preparate scegliendo una per una le cipolle migliori da mandare in fioritura. I produttori che la coltivano sono una dozzina, ogni anno ne producono 400 quintali di cui circa il cinquanta per cento viene utilizzato in occasione della Sagra della Cipolla Rossa organizzata dalla Polisportiva Bremese.